Adaptive correlation: il superpotere nascosto dello Zetasizer Advance

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Adaptive correlation: il superpotere nascosto dello Zetasizer Advance

Introduzione

Malvern Panalytical è da sempre alla costante ricerca di nuovi approcci mirati ad aumentare la qualità dei dati forniti dai loro strumenti. Con la linea Zetasizer Advance è stato fatto un grande salto di qualità nell’acquisizione delle misure Dynamic Light Scattering (DLS) grazie all’implementazione di un approccio innovativo: l’Adaptive Correlation (AC), un metodo validato e pubblicato su Scientific Reports (Nature), a conferma della sua solidità scientifica.

L’algoritmo di correlazione adattiva utilizza robusti approcci statistici per gestire dati anomali, spesso causati da polvere o contaminanti (“dust”), consentendo di ottenere risultati più affidabili in tempi più rapidi (tra 2 e 5 volte più veloci), senza scartare dati ma classificandoli in base alla loro qualità.

La Figura 1 mostra un confronto tra l’utilizzo di algoritmi tradizionali (a) e l’AC (b). Le distribuzioni dimensionali ottenute con AC risultano molto più ripetibili e prive di artefatti o rumore, spesso causati da fenomeni transitori non rappresentativi del campione.

Figura 1. Misure replicate della stessa aliquota di lisozima a 1 mg/mL. Distribuzione dimensionale ponderata per intensità ottenute con approcci tradizionali (a) e con l’Adaptive Correlation (b).

Dynamic Light Scattering – Approccio Tradizionale

La Dynamic Light Scattering è una tecnica ottica non invasiva che consente di misurare la dimensione di particelle in sospensione, sulla base della luce diffusa (scattering). La luce, proveniente da un raggio laser, viene diffusa in modo diverso a seconda della velocità con cui le particelle si muovono nel mezzo, un moto legato alla loro dimensione (moti browniani). Più una particella è piccola, più si muove velocemente. Lo strumento rileva le fluttuazioni di luce diffusa e le traduce in informazioni dimensionali (Diametro idrodinamico medio ZAve, Indice di Polidispersità PdI, distribuzione dimensionale).

La legge che lega la dimensione delle particelle (D, diametro idrodinamico) con l’interpretazione del segnale di intensità (I) di luce scatterata è I = D6. Ciò costituisce un vantaggio per la sensibilità di misura permettendo di rilevare anche particelle sub-nanometriche, mentre rappresenta un ostacolo nel caso di analisi in presenza di dust. Infatti, il segnale proveniente da particelle di grandi dimensioni non rappresentative del campione può alterare significativamente la misura, anche se queste sono presenti in piccole quantità, come mostrato in Figura 2.

Ciò suggerisce l’esigenza di un approccio innovativo per limitare l’effetto sul risultato finale.

Figura 2. (a) Schema di funzionamento di uno strumento DLS. (b) Distribuzioni dimensionali di campioni di proteine che mostrano la presenza intermittente di un picco relativo alla presenza di aggregati. Si può notare come la presenza del picco relativo agli aggregati influenzi la posizione del picco del campione non aggregato (c-e).

In passato, per gestire rumore e contaminazioni nelle misure DLS, si ricorreva ad algoritmi di Dust Removal, che eliminavano direttamente i segnali anomali, con una conseguente perdita di informazione. Altri approcci prevedevano runs prolungate, fino a 10 secondi, per compensare la presenza di aggregati o polveri attraverso l’averaging.  Anche l’operatore era spesso costretto a intervenire, ripreparando il campione o filtrandolo, con un conseguente aumento del tempo di preparazione e del consumo di materiali.

Adaptive Correlation – Come funziona?

Per migliorare questi aspetti, l’Adaptive Correlation utilizza solo approcci statistici, senza soglie arbitrarie, che permettono di discriminare le misure realmente rappresentative del campione dagli eventi transitori, migliorando notevolmente la ripetibilità e l’accuratezza della misura DLS.

Durante la misura, gli aggregati (o i contaminanti) sono rilevati per un piccolo intervallo di tempo, quindi non sono statisticamente rilevanti. A differenza degli approcci tradizionali, l’AC acquisisce sub-runs molto brevi (≈ 1 sec) per poi combinarle considerando solo le misure rappresentative del campione, al fine di ottenere misure più ripetibili e accurate.

La Figura 3 mostra come i valori medi e le deviazioni standard dei parametri misurati utilizzando la combinazione di 10 o 20 sub-runs da 1 secondo siano più accurati rispetto alle runs di 10 s caratteristiche degli approcci tradizionali.

Figura 3. Distribuzione di ZAve e PdI in funzione del numero e della durata delle sub-runs, relative a campioni di polistirene latex avente un diametro idrodinamico dichiarato di 58–68 nm disperse in 150 mM NaCl.

L’AC, inoltre, non rimuove alcuna informazione dalla misura, ma classifica le sub-run in tre categorie sulla base di robusti approcci statistici. Successivamente le categorie vengono elaborate separatamente dando come output diversi correlogrammi e distribuzioni dimensionali. Le tre categorie sono:

  • Steady state: misure corrispondenti alla parte rappresentativa del campione
  • Unclassified
  • Transient: misure corrispondenti a fenomeni transitori, non sono rappresentativi del campione

L’informazione relativa alle diverse classi rimane a completa disposizione dell’operatore che può ottenere una misura migliore della fase steady state e informazioni specifiche per gli eventi transitori.

Figura 4. Funzioni di autocorrelazione (a) e distribuzioni dimensionali (b) relative alle classi Steady State, Unclassified e Transient.

La misura tiene conto delle runs rappresentative del campione tramite il parametro “Run Retention” che descrive la percentuale di runs classificate come steady state. Questa è un’informazione aggiuntiva che conferma la qualità del campione o che ci informa dell’entità dei fenomeni transitori.

L’esempio riportato in Figura 5 mostra come le particelle di dimensioni maggiori, associate a fenomeni transitori, vengano classificate dall’algoritmo al variare della loro percentuale in volume nel campione. Finché la loro presenza è sporadica o non significativa, vengono etichettate come Transient. Solo quando la loro frequenza e consistenza diventano rappresentative del campione, vengono riclassificate come Steady State.

Figura 5. Distribuzioni dimensionali per intensità di campioni di polistirene latex contenenti particelle di 60 nm e 1,6 μm a diversi rapporti di volume.

In conclusione, l’implementazione dell’algoritmo di correlazione adattiva offre numerosi vantaggi, sia in termini di qualità del dato che di efficienza operativa. Questo approccio consente di ridurre significativamente il rumore nelle misure di campioni complessi, semplificando al contempo il processo di preparazione e riducendo la necessità di utilizzare consumabili. Inoltre, permette di ottenere informazioni dettagliate sugli aggregati, distinguendo in modo chiaro tra fenomeni transitori e stabili. L’Adaptive Correlation migliora anche la ripetibilità delle misure, mantenendo l’affidabilità dei dati anche in condizioni non ideali, e garantisce l’accesso a tutti i dati grezzi raccolti, offrendo così maggiori possibilità di analisi approfondite e interpretazioni mirate.

Approcci Tradizionali Adaptive Correlation
  • Dust Removal e Averaging
  • Perdita di informazione
  • Minore ripetibilità
  • Misure alterate da fenomeni transitori
  • Necessità di ripreparare o filtrare il campione
  • Uso di consumabili
  • Nessuna perdita di informazione
  • Misure più accurate della fase Steady State
  • Ripetibilità aumentata
  • Preparazione del campione semplificata
  • Minor uso di consumabili
  • Misure più veloci

Visita la pagina dedicata agli strumenti Zetasizer per saperne di più sulle caratteristiche di questi strumenti e sulle loro diverse applicazioni.

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