In biologia si studiano fenomeni molto complessi in cui la visione d’insieme è estremamente importante e allo stesso tempo molto difficile da ottenere. Riuscire a correlare le singole interazioni tra macromolecole in interi pathways e cascate enzimatiche, studiare gli effetti di determinati stimoli in modo comprensivo fino ad arrivare alle conseguenze macroscopiche su interi organelli, cellule o addirittura popolazioni di cellule e tessuti, richiede una mole enorme di dati, molto spesso ardui da interpretare nella loro totalità.
Ogni tecnica di microscopia ha i suoi punti di forza ed i suoi limiti, ed è di estrema importanza tenerne conto per dare un’interpretazione adeguata ai dati ed alle immagini generati. Per studiare fenomeni molecolari si richiede un’elevatissima risoluzione, come nel caso della microscopia a super-risoluzione, dove le leggi della fisica vengono addirittura “raggirate” per andare oltre i loro stessi limiti, come il limite della diffrazione. Un esempio di sistema che utilizza queste tecnologie è il Nanoimager di ONI. Per ottenere questo livello di dettaglio però occorre rinunciare al throughput e alla significatività statistica, raramente infatti si osservano più di una cellula allo stesso tempo. Al contempo il prezzo da pagare è anche in termini di perturbazione del sistema, si ricorre all’uso di fluorofori e coloranti che di per sé hanno effetti tossici e perturbanti sulle cellule, a cui si somma l’impiego di laser ad elevata potenza, anch’essi portatori di citotossicità. Queste tecniche sono estremamente potenti per studiare meccanismi molecolari ed eventi molto piccoli e molto rapidi, ma occorre cautela nel dare interpretazioni macroscopiche sul comportamento di intere cellule o addirittura popolazioni, poiché gli effetti che si considerano potrebbero essere conseguenze della manipolazione del campione piuttosto che del saggio che si sta effettuando.
Figura 1. Confronto tra immagine in epifluorescenza e immagine ottenuta mediante microscopia a super-risoluzione dSTORM di pori nucleari marcati in cellule U2OS.
Figura 2: Video ottenuto mediante single-particle tracking dei movimenti della proteina Atlastina 1 sul reticolo endoplasmatico di fibroblasti umani.
Al polo opposto della microscopia, invece, si trovano tutte quelle tecniche che mirano ad esplorare eventi macroscopici in un’intera popolazione di cellule o addirittura in un tessuto. In questo caso l’analisi simultanea e statisticamente significativa di molte cellule allo stesso tempo è di primaria importanza rispetto al dettaglio. Si utilizzano quindi ingrandimenti minori e si osservano e monitorano fenomeni più lenti per periodi di tempo prolungati. È per questo che qui ogni perturbazione del sistema, soprattutto in saggi lunghi, inficia pesantemente sulla robustezza e l’interpretazione dei dati ottenuti ed è di primaria importanza utilizzare tecniche il meno invasive possibile.
Ad oggi rimane difficile che una sola tecnica di microscopia in time-lapse possa rispondere ad ogni esigenza o tipologia di domanda scientifica. Esistono strumenti in grado di dare molte informazioni, spesso definiti high-content imagers e di andare molto in dettaglio nella singola cellula, anche in tre dimensioni. Di solito però questi si appoggiano molto all’utilizzo di marcatori ed alla fluorescenza. Al contrario, molti sistemi sono in grado di trarre informazioni generalizzate su intere popolazioni di cellule, basandosi quasi esclusivamente sulla confluenza, in termini di rapporto tra superficie occupata e superficie totale. Sicuramente queste tecnologie sono molto semplici da utilizzare, spesso compatte e rapide, e permettono un throughput molto elevato, oltre al vantaggio di poter monitorare l’andamento dell’intera coltura per lunghi periodi di tempo, senza marcatura, e osservare effetti macroscopici anche a seguito di diversi stimoli o trattamenti. Appartengono a questa tipologia di strumenti il Lux 2 e l’Omni di CytosmartTM, che vengono posizionati all’interno dell’incubatore e addirittura permettono di monitorare le cellule da remoto tramite un’app e di ricevere notifiche quando sono da “splittare” o hanno raggiunto la confluenza esatta per iniziare un saggio. La semplicità, le ridotte dimensioni e soprattutto l’accessibilità dei dati da remoto, rendono questi strumenti una risorsa che non dovrebbe mancare in ogni laboratorio di colture cellulari. Basta pensare a quanto tempo spesso si perda per andare appositamente in laboratorio a “splittare” le cellule per poi scoprire che sono ancora troppo indietro o addirittura sono morte, a quanto spesso ci si troppo tardi che un saggio è andato male o che la coltura è contaminata. Questi semplici strumenti eliminano la coda al microscopio per controllare le colture e la necessità di aprire e chiudere costantemente l’incubatore e generare così enormi sbalzi termici. Basterà accedere al cloud comodamente dalla propria postazione di lavoro o da casa e osservare da remoto quello che sta accadendo all’interno dell’incubatore, valutando così da remoto i passi successivi.
Figura 3: I sistemi Cytosmart Lux 2 e Omni e il controllo da remoto.
Esistono, tuttavia, dei sistemi in grado di combinare tecnologie diverse ed innovative, permettendo quindi all’operatore di scegliere di volta in volta se applicare un’analisi label-free monitorando intere popolazioni per lunghi periodi di tempo, oppure se utilizzare dei marcatori specifici e studiare mediante la fluorescenza il destino di specifiche molecole. Appartiene a questa categoria il LivecyteTM di Phasefocus, definito un citometro cinetico perché in grado di effettuare saggi in time-lapse senza rinunciare al dettaglio di informazione che può dare un citometro anche grazie alla marcatura a fluorescenza. Questo strumento non solo è dotato di un sistema completo di incubazione e della possibilità di alloggiare fino a 7 canali di fluorescenza, ma permette di sfruttare una tecnologia unica di Quantitative Phase Imaging, la pticografia, che rende possibile l’analisi su singola cellula senza marcatura. Grazie a questa tecnologia le immagini raggiungono un livello di contrasto sufficiente a permettere ad un software di segmentare ogni cellula, ricavarne moltissime metriche, e seguirne lo sviluppo nel tempo. Avere a disposizione parametri di morfologia, di motilità, di proliferazione per ogni singola cellula di un’intera popolazione, o addirittura di popolazioni miste, amplia moltissimo gli orizzonti della ricerca, il tutto a partire da un solo saggio e preservando la stessa coltura per saggi successivi. A differenza delle molte tecnologie disponibili che utilizzano il contrasto di fase, la pticografia dà una misura quantitativa della materia presente, permettendo anche di ottenere informazioni sulla massa secca delle singole cellule. Questo apre le porte ad analisi su singola cellula estremamente informative, ad esempio per studi sulla mitosi, rari eventi di fusione cellulare e condizioni patologiche di accumulo di sostanze nella cellula. Il Livecyte rappresenta quindi un “asso piglia tutto”, in cui è possibile monitorare colture cellulari per periodi prolungati, acquisendo immagini molto informative ma senza marcatura e alternando ad intervalli più lunghi immagini in fluorescenza per limitarne l’invasività.
Figura 4: La tecnologia Livecyte
Il mondo della microscopia è estremamente vario e in continua evoluzione, esistono strumenti per ogni esigenza e per ogni tasca, l’importante è tenere bene a mente limiti e vantaggi di ogni tecnologia per dare ai dati ottenuti la giusta interpretazione.